Operazioni
Un’operazione è una funzione che a due elementi dello stesso insieme, associa un elemento sempre nello stesso insieme. Un’operazione può quindi essere pensata come una “macchina” che funziona così: ci si mettono dentro due numeri e lei restituisce in uscita un numero, ottenuto secondo una regola definita in precedenza.
Esistono infinite operazioni, basta avere un po’ di fantasia, come per i seguenti esempi:
- La macchina prende i due numeri e li restituisce scritti uno di seguito all’altro:
prende 5 e 17 e restituisce 517.
- La macchina prende i due numeri e restituisce la somma del doppio del primo con il secondo:
prende 5 e 17 e restituisce 27.
- La macchina prende due numeri, dimentica il primo e restituisce il doppio del secondo:
prende 5 e 17 e restituisce 34.
- La macchina prende due numeri e restituisce sempre 0:
prende 5 e 17 e restituisce 0.
Esistono tuttavia alcune operazioni più interessanti di altre, tra le quali le più conosciute sono l’addizione, la sottrazione, la moltiplicazione e la divisione. Queste quattro operazioni sono dette operazioni fondamentali dell’aritmetica, in quanto risultano utili nella vita quotidiana e rappresentano competenze fondamentali per la formazione del futuro cittadino.
Un’operazione si dice interna a un insieme se, presi due qualsiasi elementi a, b dell’insieme, l’operazione restituisce ancora un elemento dell’insieme. In altri termini, un’operazione è interna a un insieme se e solo se si può eseguire con tutti e soli gli elementi di quell’insieme, senza usarne altri.
L’addizione e la moltiplicazione sono interne all’insieme dei numeri naturali ℕ; l’addizione, la moltiplicazione e la sottrazione sono interne all’insieme dei numeri interi ℤ; tutte e quattro le operazioni fondamentali sono interne all’insieme dei numeri razionali ℚ.
Le operazioni godono di diverse proprietà che risultano utili per svolgere algoritmi o effettuare calcoli.
Aspetti didattici
Le prime idee intuitive sulle quattro operazioni fondamentali vengono apprese fin dalla scuola dell’infanzia, grazie a esperienze legate al vissuto quotidiano. È l’addizione l’operazione più intuitiva, ma diversi bambini possiedono rappresentazioni ingenue anche della sottrazione, legate all’idea di completare una raccolta o di togliere degli oggetti da una raccolta, della moltiplicazione, come addizione ripetuta, o della divisione, come suddivisione o ripartizione di oggetti. I primi apprendimenti relativi a questi concetti si realizzano fin da molto piccoli, quando la situazione viene vissuta personalmente e verbalizzata in contesti quotidiani.
Nel gestire le operazioni nel primo ciclo, occorre considerare che il ricorso alle dieci dita delle mani ha svolto e svolge tuttora per l’apprendimento dei numeri e delle operazioni un ruolo determinante: le mani possono essere considerate come la più semplice e disponibile macchina calcolatrice impiegata da tutte le popolazioni nel corso delle ere. Gradualmente l’allievo si distanzia dall’uso delle dita delle mani, grazie all’accrescere delle sue competenze e alla maggiore complessità delle operazioni considerate.
Le variegate intuizioni degli allievi relative alle operazioni vanno rispettate e considerate in classe, accettando le diverse rappresentazioni spontanee; una rappresentazione intuitiva del concetto, dell’idea, della relazione, dell’operazione considerata, è in effetti quella più accessibile e immediata per il bambino e per questo è quella sulla quale l’allievo costruisce il proprio apprendimento. Va quindi accettata e gradualmente ampliata con altre possibili interpretazioni del concetto ritenute più efficaci.
Anche quando si chiede di rappresentare le proprie intuizioni su un foglio, ad esempio per risolvere un problema, occorre assecondare inizialmente le diverse rappresentazioni degli allievi (pittorica, iconica, linguistica e simbolica), senza imporre un formalismo eccessivo fino a quando gli allievi non sono in grado di comprenderlo. La scelta del tipo di rappresentazione da utilizzare per mostrare il processo risolutivo può variare da allievo ad allievo in base al proprio stile, alle proprie competenze e al contesto, favorendo una differenziazione delle scelte. Ciò vale indipendentemente dal sapere in gioco e dalla classe; per ogni nuovo concetto è bene partire dalla ricchezza di rappresentazioni spontanee, metterle a confronto valutandone i punti di forza e di debolezza a seconda del contesto e poi farle evolvere gradualmente, quando gli allievi hanno le competenze per gestirle, fino ad arrivare a proporre le rappresentazioni simboliche convenzionali.
La storia del simbolismo mette in evidenza quanto sia stato lungo e difficoltoso il percorso per la conquista di un formalismo astratto e condiviso, per questo non va subito imposto agli allievi in classe.
Soprattutto in un secondo ciclo, occorre considerare che ogni operazione aritmetica possiede oltre a uno o più significati intuitivi, anche un suo significato formale e che non sempre questi significati coincidono tra loro. Per acquisire il significato formale di ogni operazione occorre far vivere agli allievi diverse esperienze, legate alle molteplici interpretazioni delle operazioni in contesti problematici. Va anche considerato che riuscire ad individuare quali operazioni consentono di risolvere un problema proposto può essere più o meno complesso a seconda della situazione fornita. Un bravo risolutore di problemi mette in gioco diverse competenze che non riguardano solo la matematica, ma anche la lingua e più in generale diverse competenze trasversali come quelle metacognitive.
I significati delle operazioni poi cambiano e diventano sempre più slegati dalla concezione più intuitiva e dal contesto reale, man mano che l’insieme dei naturali ℕ viene ampliato negli altri insiemi numerici ℤ, ℚ e più in generale ℝ.
Nell’introduzione delle operazioni va inoltre prestata particolare attenzione all’uso dell’uguale come relazione, che indica che la scrittura di sinistra esprime la stessa quantità di quella di destra. L’uguale non si dovrebbe cioè interpretare come una procedura per arrivare ad un risultato, ma come un segno che si può leggere nei due versi, essendo una relazione tra quantità. Ciò potrebbe evitare agli alunni molti errori legati all’interpretazione di tale concetto nei livelli scolastici successivi.
Cenni storici
Oltre a servire per i conteggi, le mani e le diverse parti del corpo sono state utilizzate per lungo tempo dall’uomo per effettuare operazioni. Un’antichissima tradizione orientale, ancora assai diffusa all’inizio del secolo scorso in Algeria, Arabia, Siria, Iraq, Iran, India, Mongolia e Cina, veniva impiegata dai mercanti e dai loro clienti per le contrattazioni, e consisteva nel comunicarsi reciprocamente la richiesta e l’offerta senza pronunciare alcuna parola, ma toccandosi le dita delle mani destre che nascondevano sotto a un panno; tramite i gesti aumentavano o calavano le reciproche offerte e ciò veniva celato agli altri potenziali acquirenti, così che nessuno dei presenti potesse sapere il prezzo pattuito.
Oltre a queste operazioni, tramite le mani era possibile eseguire anche moltiplicazioni di diverse difficoltà, che è possibile proporre nel secondo ciclo.
Questa antichissima tradizione è ancora oggi rintracciabile in India, Iraq, Siria, Serbia, Nord Africa ecc. Per esempio, per moltiplicare rapidamente due numeri naturali compresi tra 5 e 10, basta seguire il seguente procedimento. Consideriamo ad esempio la moltiplicazione 7 × 8.
Si piegano su una mano tante dita quante sono le unità supplementari in 7 rispetto a 5, mantenendo le altre tese: 7 – 5 = 2 dita di una mano.
Si piegano sull’altra mano tante dita quante sono le unità supplementari in 8 rispetto a 5, mantenendo tese le dita restanti: 8 – 5 = 3 dita dell’altra mano.
A questo punto si ottiene il risultato del prodotto cercato moltiplicando prima per 10 il numero 2 + 3 = 5 delle dita piegate sulle due mani (dunque 5 × 10) e quindi aggiungendo a questo risultato parziale il prodotto delle dita distese delle due mani (dunque 2 × 3 = 6), ottenendo in definitiva:
7 × 8 = 5 × 10 + 2 × 3 = 56.
Analizziamo ora la moltiplicazione con le dita di due numeri naturali compresi tra 10 e 15, come ad esempio 13 × 11.
Si piegano su una mano tante dita quante sono le unità supplementari in 13 rispetto a 10, mantenendo le altre tese, cioè 13 – 10 = 3 dita di una mano.
Si piegano sull’altra mano tante dita quante sono le unità supplementari in 11 rispetto a 10, mantenendo tese le dita restanti, cioè 11 – 10 = 1, cioè un dito dell’altra mano.
A questo punto, si ottiene il risultato del prodotto cercato moltiplicando prima per 10 il numero totale delle dita piegate sulle due mani, poi aggiungendo a questo risultato parziale il prodotto delle dita piegate delle due mani 3 × 1 = 3 e infine sommando tale risultato parziale a 10 × 10 ottenendo in definitiva:
13 × 11 = (3 + 1) × 10 + 3 × 1 + 10 × 10 = 40 + 3 + 100 = 143.
Con altre tecniche affini, si riuscivano a moltiplicare tutti i numeri compresi tra 15 e 20, tra 20 e 25, e così via.
Anche far scorrere una mano su varie parti del corpo poteva dare origine in alcuni paesi, tra i quali l’Ecuador, a una specie di danza, grazie alla quale era possibile fino a poco tempo fa compiere vere e proprie operazioni aritmetiche, anche assai complesse. In Europa, questo genere di calcolo con le parti del corpo, in particolare con le dita, si è perso definitivamente nel Rinascimento, con l’introduzione massiccia degli algoritmi posizionali e soprattutto di carta a buon mercato e strumenti per scrivere abbastanza agevoli. La mano, infatti, primo supporto concreto del calcolo, costituisce solo una fuggevole modalità di registrazione del concetto numerico, che non soddisfa la necessità di conservare in maniera duratura il ricordo dei passaggi di un computo. Tracce di operazioni aritmetiche scritte sono però assai più antiche; nel 4000 a. C. ne sono state trovate in tavole sumere di argilla, mentre operazioni già molto elaborate si trovano in papiri egiziani del 1800 a. C. dove si faceva uso anche delle proprietà delle operazioni elementari. A quei tempi non c’erano simboli per le operazioni e tutto si scriveva a parole.
Ricordiamo che i segni usati oggi per le operazioni sono molto recenti; sono infatti nati tra il XVI e il XVII secolo, in Francia; mentre il segno di uguale fu inventato nel XVIII secolo in Inghilterra.
Nel mondo egizio le addizioni venivano eseguite in maniera del tutto simile alla nostra attuale: la sottrazione veniva eseguita per completamento, cercando la cifra mancante per giungere dal sottraendo al minuendo, mentre la moltiplicazione era basata sul metodo detto del “raddoppio”. Eseguiamo a titolo di esempio la moltiplicazione 12 × 17.
Questo algoritmo era composto di due colonne; nel primo termine della seconda colonna veniva scritto il numero più grande tra i due fattori (17), nella colonna di sinistra si scriveva 1. In ogni riga successiva, all’interno delle rispettive colonne, si scrive il numero doppio rispetto al numero contenuto nella riga precedente, fino a quando gli elementi della colonna di sinistra, che rappresentano le potenze di 2, risultano non maggiori del fattore più piccolo (12).
A questo punto si evidenziano i numeri della prima colonna la cui somma corrisponde all’altro fattore, cioè 12: nel nostro caso, 8 e 4. Si sommano i numeri della seconda colonna che si trovano a destra dei numeri considerati: 68 + 136. Si trova 204. Ebbene, proprio 204 è il prodotto cercato.
Si noti che, per eseguire la moltiplicazione, non serve conoscere quelle che oggi si chiamano le tabelline o caselline, basta saper raddoppiare e addizionare.
Vediamo ora un esempio di divisione del mondo egizio, 228 : 12.
Si mettono in colonna 1 e il divisore 12; e poi si raddoppia sempre fino a superare la metà del dividendo nella seconda colonna. Siccome 12 + 24 + 192 dà proprio 228, allora 1 + 2 + 16 (cioè 19) è il quoziente cercato. E infatti 19 × 12 = (16 + 2 + 1) × 12 = 192 + 24 + 12 = 228.
Qualche complicazione in più si ha nel caso in cui il dividendo non sia multiplo del divisore.
Sono numerosi gli algoritmi delle operazioni utilizzati dai diversi popoli e nelle diverse epoche, alcuni dei quali molto interessanti anche dal punto di vista didattico, in particolare quelli medievali dei quali alcuni esempi sono mostrati nel contenuto Strategie di calcolo.